
Il Libro di Enoch, la caduta degli angeli e il grande peccato
Abbiamo già avuto modo di osservare come nell’Antico Testamento, YHWH venga rappresentato talvolta come circondato da una specie di corte celeste. I membri di questa corte sono i bene ha-elhoim, i “figli di Dio”. Probabilmente, in antichità, in una fase ancora impregnata di politeismo, gli ebrei immaginavano il loro Dio circondato da un pantheon di divinità minori. Quando svilupparono un monoteismo assai rigido, i bene ha-elhoim diventarono figure meno definite ma che, con il tempo, svolsero un ruolo importante nel separare l’aspetto malvagio di Dio da quello buono.
Eppure, molto stranamente, sono i testi cosiddetti Apocrifi, più che quelli canonici, che sono alla base della demonologia che verrà fatta propria dal cristianesimo e che ci è giunta, in pratica, fino a oggi.
Enoch Etiopico
Il libro di Enoch Etiopico è una raccolta di cinque testi (Libro dei Vigilanti, Libro delle parabole, Libro dell’astronomia, Libro dei sogni, Epistola di Enoch) che ci è pervenuta in una versione scritta in antico etiopico, da cui il nome. Parti del Libro di Enoc sono state ritrovate fra i rotoli del Mar Morto (11 frammenti in aramaico e 3 in ebraico). Se aggiungiamo il fatto che viene citato anche dal Nuovo Testamento, ad esempio la Lettera di Giuda (14-15 ma anche 6), e dai Padri che in alcuni casi lo considerano ispirato, possiamo riscontrare l’autorevolezza che il Libro di Enoch ha riscontrato nel tardo mondo ebraico e nel nascente Cristianesimo. Fu probabilmente l’uso del testo di Enoch da parte degli gnostici, in contrasto con le concezioni cristiane dell’Incarnazione e della Trinità a determinare il clima di sospetto che portò alla sua esclusione dai libri canonici.

È in particolare il Libro dei Vigilanti (scritto probabilmente attorno al 200 a.C.) che ci interessa dal punto di vista della demonologia. In esso viene descritta la caduta degli angeli con queste parole:
«Andarono dalle figlie degli uomini, insieme, giacquero con loro, con quelle donne, si resero impuri e resero manifesti, a essi, questi peccati, e le donne generarono i giganti e, perciò, tutta la terra si riempì di sangue e di peccato» (9,8-9)
Notiamo che il termine “Vigilanti” nell’Antico Testamento viene utilizzato solo dal profeta Daniele (4,10.20) per indicare angeli che hanno il compito di interpreti ed esecutori della volontà di Dio. Sono detti anche “santi” per indicare la loro origine celeste.
Nel libri dei Vigilanti si racconta che essi, vedendo le belle figlie degli uomini, se ne innamorarono e decisero, in piena libertà, di unirsi a loro e di generare dei figli. (6,1-2)
«E si presero, per loro, le mogli e ognuno se ne scelse una e cominciarono a recarsi da loro. E si unirono con loro e insegnarono a esse incantesimi e magie e mostrarono loro il taglio di piante e radici. Ed esse rimasero incinte e generarono giganti la cui statura, per ognuno, era di tremila cubiti» (7,1-2)
Il peccato commesso dai Vigilanti è molteplice perché, oltre all’unione sessuale con le figlie degli uomini vi è la manifestazione e l’insegnamento di atteggiamenti depravati.
In un passo si accenna però al peccato di orgoglio perché gli angeli miravano ad essere uguali a Dio: «Il Signore degli spiriti era adirato contro di loro, dato che agivano come fossero il Signore» (58,4).
Da ciò deriva al loro condanna eterna perché solo il peccato di chi pretende di mettersi al posto di Dio non può essere perdonato (58,5).

Si precisa comunque che quella dei Vigilanti fu una scelta libera e consapevole. L’iniziativa venne presa da Semeyaza, il capo degli angeli, perfettamente conscio del “grande peccato” che stava per commettere. Questi trascinò con sé duecento altri angeli che giurarono fedeltà a Semeyaza e si allearono per realizzare i loro propositi (6,3-6). Il Libro dei Vigilanti fornisce un duplice elenco dei capi angelici. Fra di essi primeggiano Semeyaza e Azazel.
La prima lista (6,7) conta 18 nomi: «Questi sono i nomi dei loro capi: Semeyaza, che era il loro capo. Urakibaramel, Akibabel, Tamiel, Ramuel, Danel, Ezeqeel, Suraquyal, Azael, Armers, Batraal, Anani, Zaqebe, Samsawell, Sartael, Turel, Yomyael, Arazazeyal».
Un secondo elenco di 21 nomi si trova in 69,1: «Ecco i nomi di questi angeli: il primo di loro Semeyaza, Aristiqife, Armen, Kakabaele,Turiele, Rumeyal, Daniele, Nuqaiele, Baraqel, Azazel, Armers, Betareyal, Basasael, Ananel, Turyel, Simapisiel, Yetarel, Tumael, Tariel, Rumael, Izezeel».
Un accenno va fatto alla figura di Azazel, perché il suo nome appare anche nell’Antico Testamento, esattamente in Levitico 16,7-10, ove si descrive il rito del Kippur e del capro espiatorio:
«Prenderà poi due capri e li porrà alla presenza del Signore, all’ingresso della tenda del convegno, e tirerà a sorte i due capri, per vedere quale dei due sia per il Signore e quale sia per Azazel. Aronne farà avvicinare il capro su cui è caduta la sorte “per il Signore” e lo offrirà come sacrificio espiatorio. Invece il capro sui cui è caduta la sorte “per Azazel” lo porrà vivo alla presenza del Signore, per fare su di esso il rito espiatorio, e lo manderà ad Azazel nel deserto».
Recenti studi hanno confermato l’identità dell’Azazel del Levitico con l’Azazel del Libro di Enoch. Ma, probabilmente, dietro il demonio Azazel del deserto si nasconde il dio Azizo che proteggeva le carovane arabe lungo le piste e che altro non era che la stella Venere chiamata Phosphoros dai Greci e Lucifer dai Latini.

Come abbiamo visto, dall’unione degli angeli con le figlie degli uomini ebbero origine i giganti, i Nephilim. C’è da dire che questa vicenda è collegata a quanto viene raccontato nel libro della Genesi (6,1-4) che definisce i Vigilanti “figli di Dio”, bene ha-elhoim:
«Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro delle figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano piacevoli e si presero per moglie quelle che tra tutte più loro piacquero. Allora il Signore disse: “Il mio spirito non durerà per sempre nell’uomo, perché egli non è che carne, e la sua vita sarà di centoventi anni.
C’erano i giganti sulla terra a quei tempi, e anche dopo, quando i figli di Dio s’accostarono alle figlie degli uomini e queste partorirono loro dei figli. Sono questi i famosi eroi dell’antichità».
Secondo Enoch, questi giganti si dimostrarono esseri violenti e malvagi:
«Costoro mangiarono tutto il frutto della fatica degli uomini fino a non poterli, gli uomini, più sostenere. I giganti si voltarono contro di loro per mangiare gli uomini. E cominciarono a peccare contro gli uccelli, gli animali, i rettili, i pesci e a mangiarsene, fra loro, la loro carne e a berne il sangue».
(7,3-5)
Insomma, il peccato si diffonde inesorabilmente su tutta la terra: «Le donne generarono i giganti e, perciò, tutta la terra si riempì di sangue e di pravità» (9,9).
In definitiva il peccato degli angeli è all’origine del male fra gli uomini e il Libro di Enoch si dilunga nel descrivere lo stato di corruzione causato dal peccato degli angeli decaduti. Corruzione che si esplica non solo attraverso le azioni malvagie dei giganti, ma anche tramite gli insegnamenti degli angeli che hanno indotto gli uomini a cercare di fare il male, anche attraverso l’uso della violenza e uno stile di vita sempre più lontano da Dio:
«Azazel insegnò agli uomini a fare spade, coltello, scudo, corazza da petto e mostrò loro quello che, dopo di loro e in seguito al loro modo di agire [sarebbe avvenuto]: braccialetti, ornamenti, tingere e abbellire le ciglia, pietre, più di tutte le pietre preziose e scelte, tutte le tinture e [mostrò anche] il cambiamento del mondo. E vi fu grande scelleratezza e molto fornicare. E caddero nell’errore e tutti i loro modi di vivere si corruppero» (8,1-2).

Alcuni angeli fecero conoscere agli uomini l’arte della divinazione, l’astrologia, il corso della luna, lo zodiaco (8,3-4). L’angelo Gadriel “fece errare Eva e mostrò mezzi di morte agli uomini» (69,6). Un altro, di nome Penemu, «mostrò ai figli degli uomini l’amaro e il dolce e mostrò loro tutti i segreti della loro scienza. Egli insegnò agli uomini la scrittura, con acqua di fuliggine e carta e, perciò, sono molti che hanno errato, dai secoli nei secoli, e fino a oggi» (69,8-9). Un angelo di nome Kasdeyer ha mostrato «i colpi malvagi degli spiriti e dei demoni, e i colpi del feto nel grembo», ovvero l’aborto (69,12).
Tutte queste conoscenze non hanno fatto altro che causare disordine e male e aumentato a dismisura l’orgoglio degli uomini. Per questo, essi che erano stati creati per essere giusti e santi come gli angeli, a motivo del loro peccato sono destinati alla morte (69,11). Da quel che emerge da questi testi, la morte deriva dal peccato, e il peccato trae origine dalla conoscenza.

Tutto questo immenso peccato che contamina la terra non può che causare l’ira di Dio, il Creatore, il quale suscita il Diluvio universale che distruggerà ogni cosa, e ogni essere a eccezione di Noè e della sua famiglia (10,2).
Poi invia l’angelo Raffaele a castigare Azazel: «Lega Azazel mani e piedi e ponilo nella tenebra, spalanca il deserto che è in Dudael e ponilo colà. E ponigli sopra pietre tonde e aguzze e coprilo di tenebre! E stia colà in eterno e coprigli il viso affinché non veda la luce! E, nel grande giorno del giudizio, sia mandato al fuoco!» (10,4-5).
E manda Gabriele per punire i giganti: «Va’ contro i bastardi e i reprobi e contro i figli di meretrici e i figli degli angeli vigilanti. Falli uscire e mandali l’uno contro l’altro! Essi stessi, poiché non hanno lunghezza di tempo, periranno per scambievole uccisione» (10,9).
Per ultimo, Dio incarica Michele di punire il capo degli angeli caduti: «Annuncia a Semeyaza e agli altri che insieme a lui si unirono con le donne per corrompersi, con esse, in tutta la loro impurità: quando tutti i loro figli si trafiggeranno a vicenda e quando vedranno la morte dei loro cari, legali per settanta generazioni sotto le colline della terra fino al giorno del loro giudizio e della loro fine, fin quando si compirà l’eterna condanna. E, allora, li porteranno nell’inferno di fuoco e saranno chiusi, per l’eternità, in tormenti e in carcere» (10,11-14).
Dio agisce in questo modo per riportare sulla terra l’ordine e la pace.

Il libro di Enoch fa divenire Azazel il capo degli angeli decaduti e il responsabile di tutto il peccato perché la terra è stata corrotta dai suoi insegnamenti e dalle sue opere (10,8). Per questo gli angeli, mischiandosi con la carne e il sangue umani, hanno perso la loro natura spirituale e immortale trasformandosi in esseri corruttibili e umani. Essi «hanno abbandonato il cielo eccelso e la sede santa in eterno e sono corrotti con le donne» (12,4). Il peccato degli angeli non ha solo una valenza morale, quindi, ma coinvolge la loro stessa essenza che viene degradata dallo spirituale alla struttura propria della carne in forza dell’unione voluta con essa.
Il peccato degli angeli non può essere perdonato: per loro «non vi sarà pace sulla terra né remissione del peccato […]. Piangeranno sulla morte dei loro figli e imploreranno in eterno e non vi sarà, per essi, né perdono né pace» (12,5-6). Condanna che viene ribadita in particolare per Azazel: «Per te, poiché hai insegnato la violenza, e per tutti gli atti di bestemmia, per la violenza e il peccato che hai mostrato ai figli dell’uomo, non vi sarà requie, intercessione o misericordia» (13,2).

La condanna nei confronti degli angeli caduti avviene in due tempi. Vi è anzitutto una condanna già in atto, non essendo loro più permesso di tornare allo stato primitivo. Ma il castigo definitivo sarà attuato «il giorno della grande condanna, per sempre, sugli angeli vigilanti e sugli empi» (16,1; 21,5)
«Michele, Gabriele, Raffaele e Fanuele li afferreranno in quel gran giorno e li getteranno nella fornace di fuoco ardente affinché il Signore degli spiriti li punisca per la loro iniquità, dato che furono servitori di Satana e indussero a errare coloro che vivono sulla terra».
Il testo qui cita Satana ma non si capisce a chi esattamente l’autore si riferisca. Più avanti si afferma che Azazel ha peccato per aver servito Satana. Quest’ultimo potrebbe intendersi come il principio del male in opposizione a Dio, ma questa affermazione comporterebbe un’apertura al dualismo che è estranea, sostanzialmente, al pensiero giudaico. Oppure, ma è meno probabile, si potrebbe identificare Satana con Semeyaza, come capo degli angeli decaduti, ma appare poco probabile. Insomma, questi passi risultano di difficile interpretazione.
Secondo il Libro di Enoch, vi sono due specie di angeli decaduti. La prima è quella degli “angeli vigilanti”, che abitavano nel cielo come esseri spirituali, e che poi si sono corrotti con il peccato carnale. La seconda è quella degli “spiriti dei giganti”, ovvero dei figli nati dai vigilanti, che abitano la terra e che sono la causa del male degli uomini. Questi ultimi vengono definiti “spiriti malvagi” o “spirito dei malvagi” (15,9-10) o anche “diavoli” o “demoni” (65,6).
Da qui nasce la distinzione fra gli angeli ribelli, condannati all’inferno, e i diavoli, spiriti malvagi che causano il male fra gli uomini. Le anime dei giganti sono più potenti delle forze umane:
«Gli spiriti dei giganti, dei Nafil oppressori sono corrotti, cadono, sono violenti, fracassano sulla terra, causano dolore, non mangiano alcun cibo, non soffrono sete e non si fanno conoscere, si elevano, queste anime, contro i figli degli uomini e contro le donne» (15,11).

Gli angeli vigilanti, dopo la caduta, appaiono “come fiamma ardente”. Possono tuttavia assumere diverse sembianze fra le quali quella umana. Il luogo dove risiedono è l’inferno, “la prigione degli angeli”, un luogo che Enoch così descrive:
«Quegli angeli che hanno dimostrato malvagità li chiuderanno in quel burrone ardente che, prima, il mio avo Enoch mi aveva fatto vedere a occidente, verso i monti d’oro, di argento, di ferro, di piombo e di stagno. E vidi quel burrone nel qual (vi era) grande agitazione e fluttuazione di acque. E quando fu fatto tutto ciò, da quel metallo liquefatto, di fuoco, e dalla loro agitazione che li agitava, in quel luogo fu generato un profumo di zolfo (che) si riunì insieme con quelle acque; e quel burrone degli angeli che avevano fatto errare ardeva sotto quelle terre. E, attraverso le sue depressioni, uscivano fiumi di fuoco là dove venivano giudicati quegli angeli che avevano tratto in errore coloro che dimoravano sulla terra» (67,4-7).
Bisogna tuttavia notare che Enoch, nonostante le nefandezze degli angeli Vigilanti, rimane cauto nell’attribuire a essi tutta la responsabilità della presenza del male nel mondo. In effetti, la loro discesa sulla terra avviene diverso tempo dopo l’espulsione di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre e il delitto di Caino nei confronti di Abele. Enoc afferma chiaramente che «il peccato non fu mandato sulla terra, ma sono gli uomini che lo hanno creato da sé stessi» (98,4).
L’ambiguità del libro di Enoc riflette le diverse mani che hanno concorso alla creazione del testo e dimostra che nel periodo apocalittico il tema dell’origine del male era molto oscillante.
Enoch slavo
Un secondo libro di Enoch è quello noto come Enoch slavo perché ci è pervenuto solo nella traduzione paleoslava, eseguita in Macedonia nell’XI secolo. Il testo originale, in greco, sembrerebbe risalire al I secolo d.C. È importante per la demonologia anche se, su alcune questioni si discosta dal primo Libro di Enoch.
Anzitutto per l’Enoch slavo il peccato degli angeli non è quello carnale, ma un peccato di “apostasia” perché gli angeli hanno disubbidito a Dio preferendo seguire la propria volontà (7,3).
In un altro brano la colpa angelica viene vista sotto una luce diversa. In essa si afferma che l’angelo Satanaele si era opposto a Dio perché voleva essere uguale a lui, Per questo motivo venne cacciato dal cielo e il suo nome fu trasformato in Satana. Successivamente, mosso da invidia nei confronti dell’uomo creato da Dio e da lui eletto signore della terra, entra nel paradiso terrestre e inganna Eva (31,16).

C’è da notare che l’idea della caduta per orgoglio riflette quanto affermato da Isaia (14,12-15):
Come sei caduto dal cielo,
stella del mattino, figlio dell’aurora!
Come fosti precipitato a terra,
tu che aggredivi tutte le nazioni!
Eppure tu pensavi in cuor tuo: Salirò in cielo,
al di sopra delle stelle di Dio erigerò il mio trono.
Siederò sul monte dell’assemblea,
ai confini del Settentrione.
Salirò sulle nubi più alte,
sarò simile all’Altissimo.
E invece sei stato precipitato nello sheol,
nelle profondità dell’abisso.
Isaia faceva probabilmente riferimento a un re assiso o babilonese. Gli autori apocalittici, fra i quali gli autori del libro di Enoch, lo intesero, invece, come un riferimento alla caduta dei Vigilanti e il riferimento alla “stella del mattino” permise di aggiungere un nuovo nome a Satana, Lucifero. L’identificazione, poi, di angeli e astri avrà un notevole seguito anche in epoca cristiana. A questo fatto sembra riferirsi anche l’evangelista Luca quando mette in bocca a Gesù le seguenti parole: «Io vedevo Satana precipitare dal cielo come un fulmine» (Luca 10,18).
Anche nel libro di Enoch slavo si parla anche dell’inferno, il “luogo del supplizio”. Qui si trova «ogni tormento e supplizio, tenebre e caligine e non c’è luce, ma un fuoco oscuro che si riaccende continuamente e un fiume di fuoco che avanza contro tutto questo luogo, c’è freddo e gelo» (10,1-2). Questo luogo è custodito da «angeli cattivi e crudeli che portano un’arma e tormentano senza pietà». Forse sono i diavoli che puniscono le anime peccatrici:
«Vidi i custodi delle chiavi dell’inferno, che stavano presso porte grandissime, i loro volti erano come quelli di grandi vipere, i loro occhi come lampade spente e i loro denti denudati fino al loro petto» (42,1).
Nel capitolo 18 c’è un punto particolarmente oscuro. quando si trova nel quinto cielo, Enoch racconta di aver visto un nutrito numero di Egrigori (dal greco egrēgoroì, “vigilanti”) che potrebbero essere gli angeli decaduti. Essi hanno fattezze umane e dimensioni più grandi dei giganti. Sembrerebbe quasi fossero i figli dei vigilanti. Si legge che essi piangono sugli angeli apostati, i loro fratelli e sull’oltraggio reso a Dio. E che in quel contesto, continuano il loro servizio e la loro preghiera a Dio. Pare quindi che anche per gli angeli sia possibile il pentimento, anche se ottenere il perdono divino non è facile. Il testo, comunque, come abbiamo detto, non è molto chiaro.